Presentazione

‘Nelle sere d’inverno, quando l’aria d’improvviso prende il profumo delle foglie secche bruciate, e le finestre delle case cominciano ad illuminarsi, quadrate nella semioscurità, in quel momento mi sembra che tutti siano a metà di una strada, di ritorno verso qualcosa. Certo, ognuno di noi è sempre di ritorno verso qualche luogo, indipendentemente dalle stagioni, ma in inverno, in particolare, mi sembra che sia così’ .
‘Percorrere il cammino della Teshuvà, del ritorno. Raggiungere gli altri uomini con la coscienza che un uomo autentico contribuisce alla trasformazione del mondo solo attraverso la propria trasformazione’ .
Ho preso a titolo questa parola ebraica ‘ritorno’, consapevole della bellezza di una lingua che non ha tantissimi vocaboli per esprimersi. Una parola assume tanti significati. Le declinazioni vengono di volta in volta offerte dai traduttori che ne interpretano il significato. Un ritorno che può essere un arrivo, una partenza, un percorso…un cammino. Ritornare implica partire. Partire per un ritorno. A se stessi, alle origini. Ma un cammino non è solo un semplice ritornare. Qualcosa accade nel camminare. Ci si lascia educare dal tragitto. Un compito: capire bene verso quale strada incamminarsi e poi sceglierla con tutte le forze. Strade anche non battute in precedenza evitando la presunzione della novità. Non sempre è positiva. Ogni uomo ed ogni donna sono portatori, in quanto unici, della molteplicità infinita dei cammini. Nessuno è uguale all’altro. Ogni pellegrino è unico. La conoscenza del proprio essere rivela l’essenza della preziosità singolare, lungi dall’individualismo moderno che vede solo il sé. L’unicità è data dalla centralità della persona. Un insieme di relazioni con gli altri e con Dio. ‘Cominciare da se stessi ma non finire con se stessi; prendersi come punto di partenza, ma non come meta; conoscersi ma non preoccuparsi di sé’ . ‘Cercare qualcosa che non si può trovare in alcuna parte del mondo, eppure sapere che esiste un luogo in cui la puoi trovare’ . Un grande tesoro! Il compimento dell’esistenza. Il luogo in cui si trova questa ricchezza è proprio lì dove ci si trova. ‘Nell’ambiente che avverto come il mio ambiente naturale, nella situazione che mi è toccata in sorte, in quello che mi capita giorno per giorno, in quello che la vita quotidiana mi richiede: proprio in questo risiede il mio compimento essenziale, là si trova il compimento dell’esistenza messo alla mia portata’ . Ogni incontro che facciamo, ogni cosa che scopriamo nel corso della nostra vita, nel nostro cammino, nasconde e rivela un significato. Gli uomini che incrociamo, gli animali che ci aiutano nel lavoro, il terreno che coltiviamo, i prodotti della natura, gli attrezzi che adoperiamo, racchiudono un’essenza che ha bisogno di noi per raggiungere la sua forma perfetta. Piccoli e all’apparenza insignificanti appuntamenti che però compiono il cammino autentico. Autenticità che si dona in questi umili contatti. Allora saranno soffi leggeri… e angoli impensati a rivelare la Voce di un Silenzio che ci cerca. Che ci chiama alla vita, quella vera. E questo si può raggiungere là dove ci si trova, dove si vive, là dove si instaura un rapporto santo con il piccolo mondo che ci è affidato. Allora ‘Dio abiterà là dove lo si lascerà entrare’ , nel silenzio che conosco, in cui emergono i veri valori. Ritornare alla persona, alla sua dimensione originaria, alla parte originale della vita, alla mescolanza di terra e sangue. ‘Quel miscuglio di vita vera, autentica. Quella che comincia con il ri-prendersi, il ri-possedersi, per ri-portarsi ad un centro, raggiungere la propria unità’ . Ecco i valori del silenzio e del ritiro. Quel raccoglimento che ci libera dalla prigione delle cose di cui siamo schiavi. Ma la massa degli uomini preferisce la schiavitù della sicurezza al rischio dell’indipendenza. Purtroppo: ‘Non si sognano più le cattedrali e quindi non si è più in grado di costruire belle soffitte. Quando non si possiede più l’amore per la libertà, non si è più in grado di edificare la libertà’ . Non percepiamo che sono segni indiretti che comunicano la trascendenza. Si deve uscire dal primato dell’economia che snatura l’uomo. Situazione anormale da cui bisogna liberarsi. Il denaro ha una potenza abnorme che allontana dall’uomo reale. La persona deve ritrovare la facoltà di disporre di sé, trovare i suoi valori sovvertiti dalla tirannia della produzione dell’ utile: una sfida ai tecnocrati che sotto la loro presunta organizzazione dimenticano l’uomo. Allora saranno i richiami interiori a trasformare in profondità il soggetto. Il popolo sarà la grande risorsa. La sua cultura trarrà fuori dal pantano. L’immaginazione (che oggi è la grande assente nell’educazione) riaprirà percorsi impensati. Belli. Naturali. La risolutezza e la fedeltà riuniranno l’essere dell’uomo. Corpo e spirito. La forza umana che giace nella profondità, unita alla forza divina, provvederà all’unificazione. Nella teshuvà, nel capovolgimento, risiede l’apertura autentica della relazione. Un cammino praticabile anche con le scarpe rotte. Con i pantaloni bucati. Con i capelli spettinati. Con la bisaccia colma di dolori. Le mani piene di calli. Il sorriso sgangherato… ma con tanta gratitudine in fondo al cuore…che è vivo fino alla fine e sino alla fine sa amare.
Ed alla fine è ‘… così che, seguendo la mia famiglia in un continuo peregrinare, ho conosciuto pastori, contadini, pescatori, che erano un po’ filosofi e un po’ poeti: avevano una fede profonda, pur non sapendo quasi niente di scienza. Questa forma di fede popolare, di saggezza verso i grandi quesiti che da sempre l’uomo si pone, ha un suo intrinseco ed inestimabile valore’

Prof. Stefano Zanchi